Incontro dei Fratelli degli Ammalati a Moncrivello

Siamo così finalmente partiti. Erano le 6:45 del 22 ottobre 2011 al piazzale della casa dell’Associazione.
C’eravamo proprio tutti i fratelli, una settantina, pronti, sorridenti, e determinati; puntuali per il nostro incontro, per l’appuntamento con Don Remigio.
Sono questi i momenti per cui vale la pena esserci, con la consapevolezza di chi si predispone ad accogliere un grande dono.
Sì, è stato proprio così! E’ stato davvero un grande dono poter incontrare ed ascoltare Don Remigio, sacerdote SODC, originario
della Diocesi di Brescia, che si è rivolto ai fratelli ed alle sorelle degli ammalati.
In un certo senso noi tutti avevamo la sicurezza e l’entusiasmo che in quell’incontro avremmo ritrovato e fatta nostra quella gioia semplice, che viene dal cuore, quella gioia di appartenere al Centro Volontari della Sofferenza e così è stato.
Don Remigio ci ha spiegato l’importanza e gli impegni dei fratelli e sorelle degli ammalati, secondo il pensiero ed l’insegnamento del Venerabile Luigi Novarese.
Non si tratta di impegni straordinari – ha detto don Remigio – sono gli impegni che dovrebbe avere ogni cristiano, ogni figlio di Dio in giusto rapporto con Dio e con la chiesa. L’ammalato ha bisogno di aiuto per svolgere e comprendere la sua missione ed il Fratello e la Sorella devono sapere che è proprio loro il compito di questo sostegno, pur con sacrificio, con qualcosa che costa, ma nella docile attuazione del programma dell’Immacolata. Ogni fratello e sorella con gli ammalati è chiamato ad operare per completare insieme il calvario di Cristo per la salvezza delle anime, offrendo insieme ai malati sofferenze di qualunque genere; i disagi, il lavoro, i doveri, le preoccupazioni, i sacrifici morali.
Per me è stato bello riscoprire che ancora c’è molto da fare; così come è stato bello sentire la semplicità e la profondità delle parole di Don Remigio, che so essere il frutto di un lungo impegno vissuto accanto a Monsignore, nella fedeltà al suo insegnamento, concretizzato nel servizio a chi soffre e, come sofferente, nella testimonianza di una fede coerente e di un filiale abbandono verso
l’Immacolata.
Sento che noi, come fratelli degli ammalati, abbiamo bisogno ancora oggi di qualcuno che ci insegni, ma soprattutto che ci guidi con la propria vita nella comprensione e nell’attuazione di quella che, all’interno della grande famiglia del Centro Volontari della Sofferenza, è la specifica vocazione dei Fratelli degli Ammalati: avvicinarsi all’ammalato e, a quanti a vari livelli e modi sono toccati dalla sofferenza, con amore, con rispetto, col desiderio di aiutare, con intima ma ferma convinzione del carisma e della spiritualità del Fondatore ed un’ opportuna competenza vedendo in ogni persona sofferente Cristo stesso.
Abbiamo ancora bisogno di approfondire tanti aspetti della nostra missione apostolica; abbiamo ancora bisogno di sentirci dire “donatevi e offrite le vostre sofferenze con il cuore per aiutare chi non sente la preziosità di una lacrima”.
Sentiamo davvero il bisogno di essere formati, per vivere con sempre più coerenza la valorizzazione della sofferenza e la promozione integrale della persona dell’ammalato, mettendo sempre più in luce la dignità e la centralità della persona, in quanto
creatura amata e chiamata da Dio, altrimenti il rischio di diventare “semplici” operatori sociali è dietro l’angolo.
La psicologia dell’ammalato, come ben detto già da mons. Novarese, è molto complessa e fragile e ciò chiama ogni fratello e sorella alla responsabilità di conoscerla a fondo. Durante l’incontro è emerso quanto è importante acquisire un atteggiamento discreto
nell’accostare e nel relazionarsi ad una persone sofferente.
Questa discrezione non è il “distacco” di cui spesso si ha paura ma è esprimibile più con quella capacità di delicatezza e di umiltà, che desidera non alimentare quella sofferenza che già esiste o provocarne inconsciamente delle altre.
Infatti a volte, con le nostre parole, rischiamo di urtare la sensibilità dei nostri fratelli sofferenti, e con i gesti, inconsapevolmente, stimoliamo delle emozioni che poi né noi né
loro sappiamo più come controllare.
E’ umano non accettare la propria malattia, rifiutare la propria sofferenza, è umano sentirsi un peso. E’ umano sentire il desiderio di amare.

Noi fratelli e sorelle degli ammalati, se vogliamo realizzare realmente il nostro apostolato all’interno dell’Associazione, dobbiamo riconoscere la necessità di crescere anche personalmente
e dobbiamo trovare il tempo per formarci e per confrontarci. E’, infatti, solo attraverso il confronto con chi ha più esperienza e l’abbondante preghiera che si matura, che si acquisisce la consapevolezza di cosa significhi “appartenenza al Centro Volontari della Sofferenza”.
Penso ai giovani che hanno molte energie ma che a volte faticano a
riconosce realmente Gesù nella persona del’ammalato e ad assumere verso di essa quello stile proprio del fratello degli ammalati così come descritto da Monsignore e che ho cercato di esprimere in queste poche righe.
Noi fratelli e sorelle degli ammalati del Centro Volontari della Sofferenza ci distinguiamo da tutte le altre persone che fanno volontariato proprio per il fatto che noi non siamo solamente le braccia che aiutano ma siamo anche gli occhi che osservano, perché
ogni persona è diversa e particolare, e soprattutto siamo il cuore che ama, che affida e offre tutto a Maria.
Che gioia potere essere chiamati fratelli e sorelle! Che onore poter sentire questa fratellanza! Quale felicità poterci assumere un po’ del dolore altrui e donargli in dolcezza un po’ del nostro cuore così che l’ammalato ci senta vicino, si accorga della nostra partecipazione e della nostra comprensione.
Ognuno di noi dovrebbe lasciare entrare nei propri cuori la voglia
e il desiderio di darsi agli altri così com’è, con quello che ha, senza tante parole, senza vanto. Questa è la carità tanto richiamata da mons. Novarese: “Vivere nella carità, significa consumarsi come un cero a sostegno dei fratelli”.
E’ questo! E’ l’amore la più importante delle lezioni che si possono imparare dalle persone come Don Remigio; è l’amore per ilCentro volontari della Sofferenza, per Cristo, per la Sua Croce che salva, per Maria Santissima, per Monsignore.
Non è retorica e nemmeno nostalgia del passato quello che mi ha
colpito, ma la commozione, il raccoglimento, la passione e la gioia che ho visto negli occhi dei miei fratelli a Moncrivello!
Era da tempo che non la sentivo invadere il mio giovane cuore con
la sua dolce forza espressa solo con due parole di un vecchio canto, “Grazie Mamma”, che come un esercito in battaglia risuonava nel Santuario della Vergine Potente.
Una grande nave questa il nostro CVS, con grandi e piccole vele, la quale per muoversi e tracciare la rotta, ha bisogno di tutti, tutti senza alcuna esclusione: dai Volontari della sofferenza ai Fratelli degli Ammalati ai Silenziosi operai della croce. Una grande nave questa che ha bisogno di quel vento che il signore attraverso Monsignore ci ha chiaramente detto di seguire: quello di Maria.
E’ Lei la Guida!
Grazie quindi a Don Remigio di questo incontro.
Nicola, fratello degli ammalati.