L’incontro gioioso con Papa Francesco, nel centenario della nascita del Beato Luigi Novarese. (Don Remigio Fusi).

DSC_8405Una profezia che si realizza
Nel mese di settembre 1956, al termine di un Corso di esercizi spirituali e giornate di studio, tenuti a Re nell’Ospizio, un signore, il dottor Stella, molto importante nella vita politica ed economica, fervente cattolico, molto amico di Monsignor Novarese, gli disse: ” Monsignore, lei commette un grande errore. Devo chiamare giornalisti e fotografi, perché diffondano un’opera cosi preziosa per la Chiesa e per la Società”.
La risposta di Monsignore fu immediata, secondo il suo stile di vita: ” Non è roba mia. E’ della Madonna. Se Lei la ritiene opportuna, penserà a farsi propaganda”.
L’incontro con Papa Francesco, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, in occasione del centenario della nascita di Monsignore, è la conferma di quanto aveva profetizzato.
Un’Aula gremita di persone, malati e sani, che scoppia di gioia è la risposta della Madonna, alla fede e all’abbandono in Lei del suo figlio.
 
Una famiglia “impazzita” dalla gioia
Fin dalle prime ore del mattino, i pullman e i pulmini si susseguono, in lunga fila, in via della Conciliazione.
La gente si ferma incuriosita e osserva quegli “strani” pellegrini. Tramite il sollevatore o in braccio a giovani scendono e sono sistemati sulle carrozzelle. Poi in fila indiana verso S. Pietro, fino alla piazza del Sant’Ufficio. Sono bambini, giovani, adulti e anziani. La gente li guarda: pensa di trovare visi scuri, di sentire lamentele e invece incontrano il sorriso e sentono voci di gioia.
Sono davvero straordinari: la maggioranza di loro hanno viaggiato tutta la notte, pur di essere presente all’appuntamento, ma non dimostrano stanchezza.
Quando il cuore è pieno di gioia, diventa contagioso e trascina, non si ferma di fronte agli ostacoli, alle difficoltà, alle fatiche apostoliche.
 
La piazza del Sant’Ufficio, di fronte alla cancellata che introduce in Vaticano e precisamente all’ingresso dell’Aula Paolo VI, è un’esplosione di gioia. Gente che si ritrova dopo tanti anni e desidera ricordare quegli incontri agli Esercizi spirituali, ai Convegni nazionali e internazionali, ai Pellegrinaggi e nello stesso tempo raccontare le iniziative realizzate. Scambio di abbracci e tante lacrime di gioia.
E’ una grande famiglia che si ricompone per una testimonianza e per rinnovare l’impegno apostolico. Sono italiani, polacchi, portoghesi, ungheresi, palestinesi, ecc. Chi non conosce la lingua parla con i segni, con lunghe strette di mano, con la gioia che illumina il volto.
 
E’ la gioia di incontrare e vedere da vicino il Papa che ama la gente, che parla e si fa capire ai piccoli e ai grandi, agli ammalati e ai sani. La gioia di sentire da Lui una parola di approvazione dell’apostolato svolto e di sprone a proseguire senza sosta nell’impegno.
E’ la gioia di cantare insieme il grazie al Fondatore, il Beato Luigi Novarese: amico, fratello e padre che li ha pesi per mano, li ha fatti uscire dal loro egoismo, dallo stretto spazio di una casa per gettarli in un apostolato che li ha resi membra viva, operai specializzati nella Chiesa, Corpo Mistico di Cristo.
 
Finalmente nell’Aula Paolo VI
Entrano come un fiume ordinato. Sono tanti. I posti per gli ammalati in carrozzella non bastano più, anche se sono state tolte le sedie di un intero settore. Vengono, allora, sistemati lungo tutta la corsia centrale, oltre le transenne. Finalmente la sala è piena.
Il tempo di attesa dell’incontro con il Santo Padre, è occupato con canti, eseguiti dagli alunni del Collegio Caprinica, dove Monsignore ha compiuto i suoi studi per diventare sacerdote, con testimonianze di ammalati e sani, di Volontari e di Fratelli, con scenette realizzate dal gruppo “diversamente abili” di Bari.
Quando, a un certo punto, si è sentita la voce registrata di Monsignor Novarese, in Aula è sceso un silenzio profondo. Desiderosi di risentire quella voce che un giorno li aveva chiamati a servire la Vergine Santa, attuando le Sue materne Richieste rivolte a Lourdes e a Fatima: Oserei dire un silenzio che sembrava esprimere il desiderio di vedere il suo volto, certamente radioso per la presenza di tanti suoi figli.
 
E finalmente l’incontro!
L’Aula s’infiamma! Uno scroscio di battimani, di applausi, di “viva Papa Francesco”, lo accoglie. Lui guarda meravigliato, commosso. Forse non immaginava un simile pubblico. Saluta con la mano, mentre percorre tutto il palco. Poi si siede. Ascolta il saluto che gli rivolge il Moderatore Generale, don Janusz Malski, e quello di Paolo Marchiori, malato di Sla. Poi si alza e va ad abbracciare Paolo. Un abbraccio che commuove la platea ed aumenta la gioia.
Tornato alla sedia, dà il benvenuto ed il ringraziamento per essere venuti, ponendo l’accento il motivo della festa: celebrare il centenario della nascita di monsignor Novarese. Con una pennellata descrive la persona del nostro Padre: ”Sacerdote innamorato di Cristo e della Chiesa e zelante apostolo dei malati”.
Introduce, poi, il Suo discorso commentando la Beatitudine: ”Beati quelli che piangono, perché saranno consolati” (Mt 5,4).
 Spiega il senso delle parole di Gesù, che non intende dichiarare felice una condizione sfavorevole e grave della vita…La sofferenza, infatti, non ha un valore in se stessa, ma una realtà che va vissuta con un atteggiamento giusto.
Parla lentamente, quasi a incidere nei nostri cuori quelle espressioni, tante volte sentite dal nostro Padre Fondatore. Accenna a due modi sbagliati di comportamento di fronte alla sofferenza: “Vivere il dolore in maniera passiva…la reazione della ribellione e del rifiuto”.
Si sofferma, poi, sul modo giusto voluto da Gesù, e termina: ” proprio questo vi ha insegnato il Beato Luigi Novarese, educando i malati e i disabili a valorizzare la loro sofferenza all’interno di un’azione apostolica, portata avanti con fede e amore verso gli altri”. A questo punto riporta le parole di Monsignore: ”Gli ammalati devono sentirsi gli autori del proprio apostolato”.
Poi un incoraggiamento” ad essere vicini ai sofferenti delle vostre parrocchie. Così voi arricchite la Chiesa e collaborate con la missione dei pastori, pregando e offrendo le vostre sofferenze anche per loro. Vi ringrazio per questo!Vi benedico e vi chiedo di pregare anche per me. Grazie!”:
 
In queste poche parole c’è tutto il nostro apostolato: l’approvazione e lo sprone a continuare.
Non poteva mancare un richiamo alla Vergine Santa. Ed ecco la recita dell’Ave Maria, come grazia corale per averci chiamati al Suo servizio e come richiesta di continua materna assistenza per camminare nella fedeltà.         
Dopo la Benedizione, il Santo Padre passa nella corsia centrale, salutando gli ammalati che vi si trovavano.
 
L’Aula lentamente si svuota. C’è chi va in Basilica di S. Pietro per pregare sulle tombe dei due Nuovi Papi Santi. Altri si dirigono verso i pullman per riprendere il cammino di ritorno.
Sembrano tanti ruscelli rivivificati, tante fiammelle accese d’amore, pronti a dissetare e ad accendere nuove fiamme, per illuminare una Società che brancola nel buio.
 
Don Remigio Fusi